giovedì 8 maggio 2014

VENUTO AL MONDO - MARGARET MAZZANTINI




LA SPERANZA APPARTIENE AI FIGLI. NOI ADULTI ABBIAMO GIA' SPERATO, E QUASI SEMPRE ABBIAMO PERSO.

E' la frase che si trova scritta sul retro del libro, è stata quella che mi ha fatto decidere di comprarlo tre anni fa...poi il libro è rimasto chiuso nel cassetto fino alla scorsa settimana. Mi ero anche dimenticata di lui, mi è tornato in mente guardando le prime puntate del film diretto da Castellito tratto da questo libro...una versione estesa del film presentato al cinema qualche anno fa...un racconto meraviglioso...ho ritrovato il libro...e negli scorsi giorni non ero più io, non vivevo più la mia vita...
ero Gemma, fidanzata con Fabio da molti anni, in procinto di coronare la nostra storia d'amore sposandoci...prima però dovevo finire la mia tesi sui poeti dell'altro lato dell'Adriatico e per farlo mi trovo a Sarajevo e aspetto la persona che mi farà da guida in questa scoperta...è un uomo alto e massiccio e quando apre bocca mi accorgo di due fondamentali : è un emerito cafone e puzza di acqua vite. Non so ancora che lui, il mio Gojko, diventerà un carissimo amico.


Era l'anno delle olimpiadi e Sarajevo era stata tirata a lustro per l'evento, c'era tanta gente e c'era tanta voglia di vita...Gojko è un appassionato di poesia, la studia e la scive...mi porta in giro per mostrarmi la sua città, i suoi posti, i suoi amici...è lui che mi presenta Diego, uno sbarbatello di qualche anno più piccolo di me, entusiasta della vita e del mondo,uì un fotografo.
Appena i nostri sguardi si incontrano capisco subito quello che sta per succedere, sta per prendersi una parte di me, sta per diventare la mia vita...in quei giorni a Sarajevo passiamo tutto il tempo insieme, siamo inseparabili.
Dall'altro lato del mare la mia vecchia vita reclama la mia attenzione, sa che non posso lasciare tutto e scappare con questo ragazzo un po' matto, sa che tornerò da lei e che mi sposerò con Fabio.
Il matrimonio dura nemmeno tre mesi, io e Fabio non ci siamo mai amati davvero, eravano semplicemente abituati uno alla presenza dell'altro...con Diego è diverso...lo amo, di quell'amore che ti sale dalle viscere e che non puoi combattere anche volendo, Diego è il destino che si presenta davanti la porta di casa tua e che non puoi lasciare fuori.
Così è stato...si è trasferito a Roma, abbiamo trovato casa...abbiamo creato una vita che però si è spenta appena due mesi dopo il concepimento....io non posso avere figli, i miei sono ovuli ciechi che non riescono ad annidarsi nel mio utero.

Squilla il telefono, mi chiamano dal lavoro e sono di nuovo in me...li liquido in un paio di minuti, voglio solo tornare su quelle pagine, vedere cosa ne sarà di quell'amore così grande.

Gemma è arrabbiata, delusa, sconfitta...sa che Diego vuole avere dei figli, anche lei ne vorrebbe ma non può...ce l'ha con il mondo, ce l'ha con se stessa. Decidono di provare con l'adozione ma la psicologa li avverte che non sarà affatto facile, ci saranno colloqui e le nostre (sono di nuovo Gemma) vite saranno rivoltate ed esplorate da tutti gli angoli...cerca in tutti i modi di farci cambiare idea ma noi siamo troppo testardi, troppo attaccatti a quel pensiero di famiglia per mollare...e ci incamminiamo verso una strada tortuosa e con molte curve...ma quando arriviamo esausti all'arrivo non siamo idonei per l'adozione...Diego ha un brutto passato alle spalle fatto di violenza e droga e io sono piuttosto instabile...non siamo degni di essere genitori...

Abbiamo bisogno di scappare da tutta questa frustrazione, bisogno di rivedere sorrisi amorevoli...abbiamo bisogno di ritrovarci freschi e giovani come eravamo all'inizio e per farlo dobbiamo tornare a Sarajevo dove la guerra non è ancora arrivata ma è già nell'aria, è il 1992.
Tornare nella città che ci ha fatti incontrare è come ricominciare a respirare aria buona, siamo di nuovo noi, siamo con Gojko e con gli altri...c'è un'aria tesa per via della guerra ma non ci siamo mai sentiti più vivi di adesso, finchè la mia maternità negata viene a trovarmi anche qui e una sera, spinta dalla sincerità dell'alcool, mi confido con Gojko...gli racconto tutta la rabbia dovuta ai miei ovuli ciechi, gli racconto la frustrazione per l'adozione, gli racconto di quanto ho paura di perdere l'uomo che amo perchè non potrò mai dargli quel figlio che lui desidera tanto.
E' già mattina, i pensieri tristi della notte sono riscesi in fondo alla mia anima, non voglio pensarci, voglio godermi questi giorni con Diego nella nostra Sarajevo...stasera usciamo, torniamo in quel locale che ci piace tanto dove fanno buona musica. Stasera c'è qualcosa di nuovo nell'aria...c'è odore di vita.
Gojko ci raggiunge e ci presenta Aska, una musicista punk innamorata di Kurt Cobain, è giovane e bella e ha bisogno di soldi, vuole aiutarci ad avere il nostro bambino dice, ci presterà il suo corpo.
Lo sapevo, sentivo che quella sera il nostro destino avrebbe preso un'altra direzione, sentivo che le cose sarebbero cambiate anche se non sapevo ancora quale sarebbe stato il prezzo da pagare.

Andiamo in una clinica specializzata a Sarajevo, per procedere con la feconzadione assistita...non si può fare...dobbiamo provarci naturalmente...devo lasciare che il mio Diego faccia l'amore con Aska per avere il nostro bambino. Diego non è molto entusiasta, ma io lo convinco che è l'unico modo, che ci renderà ancora più forti di prima.
Il pensiero di loro due insieme in quella stanza di albergo mi fa accapponare la pelle, ma mi ripeto che il fine giustifica i mezzi...e mentre ci penso arriva il caos...
Quella notte stessa la guerra entra a Sarajevo, granate ovunque, spari...e poi urla e tanta polvere. Ci metto almeno 30 secondi per rendermi conto di cosa stia succedendo, non posso credere che la guerra sia davvero qui, fuori dalla porta. Mi metto in salvo, ci rifugiamo tutti in una casa comune, ci attrezziamo come meglio possiamo. Sono spaventata.
Diego riesce a tornare da me dopo tre giorni, non mi dice niente e io non chiedo. Dobbiamo andarcene da lì, dobbiamo tornare in Italia. Siamo stranieri e per noi è più facile riuscire a trovare un aereo che ci faccia tornare a casa.

Tornati a Roma proviamo a riprendere le nostre vite, proviamo a lasciarci la guerra alle spalle...ma siamo sempre inocllati alla televisione davanti ai documentari sulla guerra a Sarajevo. Non si può vivere sereni pensando che i tuoi amici sono in quell'inferno.
Ricominciamo ad uscire, a riprendere le nostre abitudini: io ritorno al giornale, lui al suo studio fotografico...io lo sento che lui non è più lo stesso, lo vedo ha un macigno sulle spalle troppo grande ma non so come aiutarlo...ha rincontrato una vecchia amica, l'eorina, lo vedo ma non voglio aprire gli occhi.
Una mattina mi sveglio,è estate, mi giro dal suo lato del letto ma lui non c'è...lo cerco ma non lo trovo...chiamo mio padre, loro due hanno un magnifico rapporto, si sono presi subito. Mi dice con una voce cupa che è tornato alla guerra...è tornato da Aska penso io.
Prendo le mie cose, carico la valigia con cibo, torce, batterie, assorbenti e tutto quello che può servire, Gojko mi ha fatto una lista e io cerco di non dimenticare niente.
Torno in mezzo al rumore, alla polvere, alle bombe solo per stare con lui, la mia vita senza Diego è inutile. Lo ritrovo, ci abbracciamoma e ora so perchè è tornato: per Aska, è incinta di lui e in mezzo a questa desolazione avremo il nostro bambino.
I giorni si susseguono, arriva l'inverno, Diego è sempre più sfuggente, resta fuori per giorni lo vedo sempre meno ma non me ne accorgo più di tanto, fuori c'è la guerra e io durante il giorno sono sempre impegnata ad aiutare a distribuire cibo e acqua, i miei giorni sono tutti uguali e mi sto abituando alla sua assenza.

E' notte, Gojko entra in camera mia e mi butta giù dal letto urlandomi che il bambino sta per nascere, mi porta in ospedale, Aska sembra uno scheletro e Diego le sta dietro come un cagnolino obbediente...urla, dolore e poi...eccolo il mio Pietro. E' un bambino sano e forte, loro due non lo guardano nemmeno, me lo mettono in braccio, mi danno una finta carta di ricovero dove c'è scritto che io sono sua madre.
Sono così confusa, così stanca...Diego mi guarda, erano mesi che non posava i suoi occhi sui mie, mi dice che ce ne torniamo a casa. Ci facciamo portare all'aereoporto dove ci aspetta un aereo militare che ci riporterà a Roma e dove saremo una famiglia.
Poi i militari mi chiedono il passaporto, guardano il piccolo fagotto che ho tra le braccia ma non ci fanno nemmeno caso, mi aiutano a salire...mi giro, Diego non è più dietro di noi, ha perso il passaporto...ci ha lasciati per tornare da lei.
Arrivo dall'altra parte dell'Adriatico, sono esausta, ho fame e non so come fare con questo bambino...mi fermo nel bagno dell'aereoporto per rinfrescarmi e per ritrovare la lucidità, sono così allucinata che non mi accorgo di essermi infilata nel bagno degli uomini. Respiro, aprono la porta, è un comandante dell'esercito che entra per fare pipì...mi guarda e capisce che qualcosa non va. Mi chiede se voglio un passaggio fino a Roma, mi compra da mangiare e prende del latte e dei pannolini per Pietro. Si chiama Giuliano...sarà lui a fare da padre a Pietro, ci salverà la vita ma non lo so ancora.

A casa i primi giorni non sono facili, quando guardo Pietro mi sembra di vedere quei due che fanno l'amore, vedo il "tradimento" di Diego...ma come si fa a npon voler bene a questo piccolo esserino che mi ritrovo tra le braccia?!?
La tristezza passa, la vita si fa strada con forza e ogni giorno mi sento sempre più sua madre...mi prendo cura di lui...d'altra parte non è proprio questo che ci rende genitori?

I giorni volano da quando Pietro è entrato nella mia vita, il mio pensiero continua a tornare da Diego ma meno costantemente di prima...finchè una mattina mio padre viene da noi per avvertirci che Diego non c'è più...è caduto da uno scoglio ed è morto sul colpo. Era fatto di eroina.
Far riportare la sua salma a Roma non è impresa da poco ma grazie a Giuliano riusciamo a procedere velocemente, ai funerali partecipano tutti : gli amici del Genova, i musicisti, sua madre...non manca nessuno, d'altra parte era impossibile non amarlo!


Sono passati 18 anni, la guerra è finita, io e Giuliano siamo sposati...lui ama profondamente Pietro, gli ha fatto da padre in tutti questi anni. Abbiamo la nostra vita e cerco sempre di parlare di Diego con Pietro, voglio che sappia tanto di lui, voglio che ami il ricordo del padre che non ha mai conosciuto.
Una mattina squilla il telefono, dall'altro capo del filo riconosco una risata familiare, è Gojko, non avevo avuto sue notizia da 18 anni...è sempre lui, vive ancora a Sarajevo, è sposato e ha una bambina...mi invita a tornare a Sarajevo per una mostra fotografica sulla guerra, ci sono anche le foto di Diego.
Convinco Pietro e partiamo, lo porto nei luoghi dove io e Diego ci siamo conosciuti, amati...gli faccio conoscere la città dove è nato. Passiamo una settimana nei ricordi ma prima di ripartire Gojko insiste per portarci a casa sua e farci conoscere la sua famiglia! Niente mi farebbe più felice.
Arriviamo da lui, è tutto come me l'aspettavo, si sente un profumo appetitoso di pesce alla griglia, mi porta in cucina e mi chiede scusa per non avermelo detto fin'ora...sua moglie è Aska!
Mi si gela il sangue, mille pensieri nella mia testa...vuole riprendersi Pietro, vuole dirgli che è lei sua madre non io...mi arrabbio, voglio andare via di qui il prima possibile...
Lei mi tranquillizza, vuole solo vedere suo figlio ma non gli dirà niente, vuole raccontarmi cos'è successo davvero: quella sera al motel, quando lei e Diego si incontrarono per fare l'amore, arrivarono i guerriglieri e la violentarono, la portarono via e la tennero prigioniera insieme ad altre donne, abusarono di tutte loro, tutti i giorni. Diego di nascosto aveva assistito a tutto, avrebbe voluto intervenire ma non aveva trovato il coraggio...da quel giorno non si dette mai più pace...per questo tornò a Sarajevo, per liberarla. Barattò la sua vita con sigarette, fotografie e tutto quanto potesse interessare ai guerriglieri...ma quando riuscì a liberarla lei era già incinta di uno di quegli animali.
Diego decise di aiutarla a ricominciare e per questo convinse Aska a tenere il bambino, ad affidarlo a me con la menzogna che fosse figlio suo in cambio avrebbe avuto molti soldi e avrebbe potuto ricominciare da capo, altrove. Si prese cura di lei finchè non la vide stare meglio, quella notte in cui morì aveva deciso che sarebbe tornato a casa da noi...ma il destino ha fatto il suo corso.
Era come se avessi aspettato questa confessione tutta la vita...il mio cuore si tranquillizzò...passammo tutti insieme una bellissima serata...non gli ho mai detto che non sono sua madre.
Tornammo a casa sereni...con la leggerezza nel cuore.


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